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The GOAT Theory: I tornei minori

Nella valutazione spicciola di una carriera di un tennista molto spesso ci si ferma ai soli tornei più importanti che sono quelli del Grande Slam. Tutto questo nasce dall’assioma ormai quasi consolidato che tutti i tornei di categoria inferiore non hanno nessun valore in rapporto ai Major. Questa percezione non ha tutti i torti, ma accettarla implica che la vittoria o comunque i piazzamenti nei tornei minori valgano 0. Questa implicazione non può essere accettata in nessun modo e, come sempre, bisogna trovare il giusto compromesso e sempre quelle dannate proporzioni.

Nel primo capitolo di questa analisi abbiamo cercato di stabilire una proporzione tra Slam e Masters 1000 e siamo aggiunti alla conclusione che forse la soluzione migliore sia quella di adottare una proporzione lineare con coefficiente di 3.56 (con altre proposte se convergono più o meno verso questa dottrina, coefficiente 4 o 4.25). Questa convenzione risolve solo uno step della teoria, ma ne apre immediatamente un altro: quale è la proporzione tra Masters 1000 e 500? E tra 500 e 250? Fermo restando che rimane sempre il problema dei piazzamenti, anche esso di difficile soluzione se non attraverso l’uso di un compromesso, anche qui si deve per forza di cose raggiungere un compromesso.

La soluzione più semplice sarebbe quella di adottare lo stesso sistema di proporzioni Slam/Masters 1000, ma sarebbe troppo facile in primis e soprattutto non rispecchierebbe la realtà dei fatti. Ma facciamo un passo indietro. Come sono strutturati i tornei 500 e 250? Innanzitutto usano il 2 su 3 così come i Masters 1000, questo suggerisce di usare una proporzione con coefficiente minore, ma c’è il rovescio della medaglia: i Masters 1000 sono obbligatori e hanno un tabellone sempre più ampio di quello dei tornei delle categorie inferiori. Così come nell’articolo precedente cerchiamo di adottare un approccio probabilistico: già sappiamo che la vittoria di un Masters 1000 senza bye al primo turno ha una probabilità (o se volete di difficoltà) di successo p = ((1/2)^2)^6). Gli ATP 500 hanno dei tabelloni a 32, ossia per vincere sono necessarie 5 partite, da cui una p = ((1/2)^2)^5). Facendo la proporzione viene fuori che il rapporto p(ATP 500) / (Masters 1000) = 4. Una proporzione facilmente prevedibile che di per sé potrebbe già essere quello che stiamo cercando, però rimane sempre il problema di base: va bene vincere 4 ATP 500 per avere l’equivalente di 1 Masters 1000 ma dobbiamo tenere conto della difficoltà intrinseca dei tabelloni dei 1000 o no? La risposta viene da sé: sì. Questa implicazione è molto semplice dal punto di vista teorico ma trova un difficile riscontro con la realtà perché quasi tutti i Masters 1000 sono sullo stesso piano, ma gli ATP 500 formano un gruppo eterogeneo con grandissimi tornei di prestigio come Dubai o Rotterdam o quelli di bassa lega come Rio de Janiero e l’ormai quasi messo all’uscio della porta torneo Amburgo che in questi anni è stato declassato parecchio fino quasi a sfiorare la categoria inferiore. Non ci siamo: non si possono mettere nello stesso calderone tornei così tanto diversi tra loro. Per ovviare a questo problema si potrebbe introdurre un rating come quello sviluppato da TML stessa. E’ un buon sistema che però ad oggi risulta obsoleto ma comunque dà l’idea di come pesare le varie differenze dei tornei. Il suo utilizzo potrebbe ovviare a questo problema ma altresì ne introduce un altro: se si usa per una categoria si deve usare per tutte le categorie vanificando di fatto quello di cui si è discusso fino ad ora.

La tabella di per sé molto significativa per capire la “classifica” degli ATP 500 non trova un’immediata applicazione pratica. I coefficienti riportati non sono omogenei, ma potrebbero diventare tali. Come? Con una normalizzazione. Prendendo per assodato che gli Slam sono un piano supremo rispetto agli altri si possono considerare come limite superiore e dare ad esso un valore 1 o 100%, gli altri tornei possono essere classificati di conseguenza calcolando il rapporto rispetto agli Slam. Semplici moltiplicazioni che con un PC vengono quasi da sole, ma siamo sicuri che i valori che otterremo sono compatibili con quello che vogliamo? Per il momento lasciamo insoluto questo quesito e facciamo un passo indietro rivalutando il rapporto 1/4 Masters 1000/ATP 500 frutto del calcolo probabilistico-difficulty.

4 ATP 500 per fare un Masters 1000, 8 per farne 2 e 12 per farne 3 sembra un giusto compromesso e trova anche attinenza con la realtà. Si potrebbe anche considerare la funzione logaritmica come nel caso del rapporto Slam/M1000, ma non è necessario.

ATP 500-250

Dopo Slam/M1000 e M1000/ATP 500 il cerchio non si può non chiudere con il rapporto 500/250. Partiamo sempre dallo stesso punto. Il calcolo probabilistico. A parte qualche eccezione i tabelloni dei 500 hanno lo stesso numero di quelli dei 250 per cui dal punto di vista probabilistico-difficulty sembrerebbe che le vittorie in entrambi i tornei siano equipollente. In effetti non è sbagliata questa deduzione, allora dove sta la differenza? La differenza sta tutta nell’entry list. I top player scarseggiano in questi tornei tranne qualche 250 di lusso come Doha. Questo ci fa capire come, se nel caso precedente l’utilizzo del TML rating era una forzatura qui appare necessario. Troppo grandi le differenze tra i membri di questo gruppo. Per il momento non vogliamo forzare la mano e non addentrarci in astrusi calcoli. Così semplicisticamente cerchiamo di imporre noi una proporzione lineare. 3.56, 4 e qui? Il 2. Considerare la vittoria di un 500 con difficoltà doppia rispetto ad un 250 non si allontana tanto dalla realtà, e visto che nella concezione generale di questi tornei molto spesso si mettono entrambe le categorie nello stesso calderone, non è così scandalosa la proporzione. Vediamo il grafico per renderci conto di cosa stiamo parlando.

2 per 1, 4 per 2 e 8 per 4 ATP 500. Talmente logica che sembra fin troppo facile. Per il momento l’accettiamo così.