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Non uccidete la Coppa Davis

David Haggerty

Segnatevi questo nome: David Haggerty. Un nome come tanti, forse ricorda quello di un famoso astronomo che ha scoperto una cometa, la cometa di Haggerty, oppure un non famoso difensore del Sheffield United, che in realtà esiste ed ha pure lo stesso nome e per questo motivo ha una disambigua su Wikipedia. Ma chi fa più paura è quello che ha assunto il ruolo di presidente dell’ITF, la Federazione Internazionale del Tennis. Come tutti i burocratici in giacca e cravatta una volta insediato vuole lasciare il segno, altrimenti, lui si chiede, perché sono stato eletto? Così come Cheope volle farsi seppellire nella più grande tomba della storia per essere ricordato in eterno, David vuole fare altrimenti. Ma mentre il faraone d’Egitto ha preferito costruire qualcosa, il buon David vuole distruggere qualcosa per essere ricordato, un po’ come fece Erostrato, un pastore narcisistica e megalomane, che, essendo una schiappa, non riusciva a trovare il modo di entrare nella storia, così, idea geniale, decise di distruggere il Tempio di Artemide a Efeso, una delle 7 meraviglie del mondo antico, per essere ricordato in eterno. Mossa furba, così aveva raggiunto il suo scopo, ma era entrato nella storia dalla porta sbagliata. Haggerty, che guardandolo bene sembra un incrocio tra Pablo Escobar e John Holmes, vuole intraprendere le stesse orme di Erostrato distruggendo la Coppa Davis, ma questa volta non vuole farlo con un incendio o una bomba, ma a colpi di carta bollata, sorrisi e strette di mano con i potenti.

La prima bombetta l’ha sganciata togliendo il long set, ossia l’assenza di tiebreak nel set decisivo che incideva pochissimo nell’economia di un tie e riguardava solo una piccola percentule di tutte le partite della Davis. Più che il fatto in sé, il problema è il principio, ossia si vuole necessariamente cambiare qualcosa per migliorarla. Se gli Australian Open, Roland Garros e soprattutto Wimbledon non hanno tolto il long set non perché sono degli sprovveduti, semplicemente mantengono la tradizione e sanciscono un principio, condivisibile o meno, che non può essere un tiebreak a decidere le sorti di un match di ore e di 5 set. Punto. L’abolizione del long set è stato solo l’inizio e alla fine non ha inciso più di tanto proprio perché le partite che andavano oltre il 6 pari del 5° erano pochissime. Ma le altre bombe stanno per arrivare.

Seguendo la teoria del Capitan Findus (quello nuovo cui non piace nessuno), ossia che una novità porta sempre un qualcosa di buono, vorrebbe cambiare 2 cardini della manifestazione e sono nell’ordine: il 3 su 5 e il campo neutro per la finale.

Carissimo David, ora io capisco che vuoi rilanciare una competizione che non sta vivendo un momento di grande spolvero, ma il 3 su 5 è uno dei dogmi della Davis. Si è giocato con questo sistema fin dalla prima edizione e proprio perché c’è sempre stato questo sistema si giocavano e si giocano 2 singolari nel primo giorno, poi il doppio quindi giorno di riposo per i singolaristi, e poi altri 2 singolari. Il paradigma 2+1+2, che può essere biasimato, è una semplice conseguenza e non un’imposizione. L’idea è quella di introdurre il 2 su 3 per “permettere ai top player di partecipare“, ed è qui che casca l’asino. La non partecipazione dei top player non dipende certo dal tipo di partita che questi devono disputare. I top player non giocano la Davis semplicemente perché non vogliono fare saltare la preparazione in vista degli appuntamenti che contano e soprattutto non vogliono accollarsi il peso di una lunga trasferta che, volenti o nolenti, occupa una intera settimana. I grandi oggi non partecipano alla Davis anche per il momento storico che stiamo vivendo, per cui si è creata una circostanza singolare che induce a far credere che cambiando le cose si potrebbero incentivare i primi 5 (?) del mondo ad affrontare una trasferta per la Davis, ma non si è capito che bisogna prendere ogni singolo caso e analizzarli ad uno ad uno.

Il primo della lista è Novak Djokovic che, quando può non manca di presenziare alla Davis e di lui ricordiamo quest’anno la splendida partita contro Kuku finita al 5° set. Poi non ha più partecipato per dei problemi fisici, ma anche se questi “sono falsi” non si può imputare a Nole una sua rinuncia alla Davis nel post Wimbledon giocata sulla terra battuta. Lui l’ha già vinta la Coppa, per cui se può non partecipa ne sono felici tutti soprattutto i suoi fans. Andy Murray è lo stakanovista della Davis, è dall’anno scorso che non salta una partita e anche quest’anno le ha giocate tutte arrivando al paradosso di essere bollato come un “poco lungimirante” perché preferisce giocare Davis e Olimpiadi, competizioni che non danno punti, piuttosto che tornei ATP che lo avvicinerebbero al numero 1 del mondo. Quindi, Mr. Haggerty, come si potrebbe incentivare Andy a giocare visto che gioca più del necessario? Puntini di sospensione. Le 2 guardie svizzere, nella fattispecie Wawrinka Stan e Federer Roger, ormai hanno già dato tanto alla loro Nazionale, una volta incamerata l’insalatiera nel 2014 il flirt con la Coppa d’argento è finito. Inutile mettere il 2 su 3, l’1 su 1, il tiro alla fune, difficilmente rivedremo giocare Stan e Roger con la Svizzera. Poi chi c’è? Ah, Nadal. Nonostante il maiorchino sia in crisi di risultati non disdegna di partecipare con la propria Nazionale anche agli spareggi in azoto liquido come quello contro l’India. Ha giocato solo il doppio, vero, ma poteva benissimo starsene a casa. Tutti gli altri che stanno sotto, a partire da Nishikori, Raonic, Cilic, Ferrer non saltano quasi mai la convocazione, quindi è inutile cambiare le regole. Il concetto è semplice: chi vuole andare lo fa a prescindere dalla situazione e da come si gioca. Purtroppo (o per fortuna) oggi i top player sono tutti “vecchi” e attempati per cui è molto probabile che ci sia una loro defezione, quando questi si estingueranno per dare posto alla NextGen allora le cose si sistemeranno e i nuovi yuppie rampanti saranno felici di giocare il 3 su 5 della Davis.

Ma vogliamo essere generosi con David e dargli credito. “Dai, su, facciamo come ti aggrada!” che cosa comporterebbe la riforma. Sostanzialmente il formato del tie sarebbe ridotto a quello che c’è in Fed Cup, con 2 giornate di partite, 4 singolari ed eventualmente il doppio di spareggio, così in un colpo solo abbiamo cestinato: tradizione, pathos e il doppio. Sì, perché un altro dogma della Davis è “il doppio sarà decisivo“. Quando c’è un tie molto equilibrato la frase scontata è sempre quella e nasconde una verità tautologica ed evidente a tutti ma sempre affascinante. Con la nuova formula haggertyana di fatto il doppio verrebbe annichilito e non avrebbe più senso convocare il doppista della squadra con la possibilità di incamerare il 3° rubber molto spesso ago della bilancia di tanti scontri epici.

Contrariamente a quanto si possa pensare i giocatori sono favorevoli per lo più al 2 su 3 contenti di poter faticare meno. Signori miei, se non volete faticare allora non giocate, raccimolate quei 2-3 milionicini di prize money metteteli in banca e campate con i frutti degli interessi. Non si può ogni anno sentire sempre che si gioca troppo, si gioca spesso, bla, bla…il circuito non sarà mai come quello degli anni ’70-80 in cui un Lendl giocava 33 tornei all’anno più la Davis e le “esibizioni”, ma non si può pensare che i giocatori debbano disputare solo gli Slam e i Masters 1000 “in preparazione” (che brutta parola) dei 4 tornei più importanti. Ci sono 4+9+1 = 14 eventi che DEVONO essere giocati e in più mettiamo anche la Davis che consta solo di una, massimo 2 partite ogni 3-4 mesi, una fatica che si può accettare.

L’altro punto cardine della riforma di Haggerty dovrebbe essere quella di disputare la finale in campo neutro. E qui dobbiamo stare calmi. Siccome noi siamo dei reazionari integralisti di quelli duri diciamo che è sbagliato, ma vediamo nel dettaglio che cosa comporterebbe questo nuovo paradigma. All’inizio dell’anno si sceglie una località che abbia i requisiti per ospitare 5 match di Davis, fatto? Fatto. I finalisti dovrebbero recarsi in questa località amena per disputarsi l’insalatiera, e fino a qui niente di strano. Ma quello che forse non hanno considerato è che se la “località neutra” è troppo distante dalle nazioni finaliste si rischia di fare una figuraccia con pochissimi spettatori in tribuna. L’idea di base è quella di copiare Champions League e Super Bowl. BOOM! Per quanto ci possiamo sforzare di dare credito al tennis, i numeri di calcio e football americano sono irraggiungibili. La finale di Champions League è seguita in primis dai tifosi delle finaliste ma anche dagli appassionati di calcio che guardano la finale e presenziano allo stadio anche senza essere tifosi. Del Super Bowl non ne parliamo neanche, potrebbero giocare le 2 squadre più scrause  della lega e ci sarebbe comunque il pienone, non a caso nell’ultimo Super Bowl c’erano rappresentate Denver e Charlotte (Carolina del Nord), 2 piccole realtà nell’oceano a stelle e strisce, eppure a Santa Clara (California), città lontanissima dalle altre 2, c’era il tutto esaurito. Per essere pratici facciamo un esempio alla mano. Supponiamo di avere Argentina e Croazia in finale (così, per caso) e come sede della finale la Rod Laver Arena di Melbourne. Quanti argentini e croati andrebbero in Australia per vedere la finale di Davis? Io penso pochi, ci sarebbe un grande seguito di indigeni, ma una finale senza tifo o pro o contro non è una finale che si rispetti. L’idea del campo neutro potrebbe essere una buona idea, ma non trova un riscontro nella realtà dei fatti. Purtroppo.

Alla fine di tutta questa diatriba quale potrebbe essere il succo? Che la Davis deve rimanere così com’è anche se è in decadenza e sono anni che girano queste voci, ma non crediate che in passato sia andata meglio di ora. I vari Connors, Lendl, McEnroe, Sampras non sono stati dei partigiani off-limits delle loro nazioni, hanno contribuito anche loro, ma non sono stati presenti al 100%, quindi la situazione attuale è la stessa di quella di 10, 20, 30 anni fa, quindi non c’è da preoccuparsi. Forse nell’era pre-Open era più frequentata, ma era giocata dai dilettanti, siamo sicuri che un Pancho, un Laver o un Rosewall da professionisti e nel loro prime avrebbero fatto carte false per partecipare alla Davis? Mah, difficile dirlo. Nonostante quello che si dica la Davis col 3 su 5 continua ad emozionare, non a caso 3 delle più belle partite dell’anno sono arrivate da questa competizione, e stiamo parlando di Nishikori-Murray, Djokovic-Kukushin e Del Potro-Murray. Accontentiamoci di questo che è già tanta roba, con la speranza, in futuro, di avere top player giovani che partecipino alla Davis per aggiungere un grande trofeo alla loro bacheca, come tutti i grandi (o quasi) hanno fatto in passato.