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Coppa Davis 2017: Quarti di finale. Sfracelli d’Italia

E’ andata come doveva andare. Non c’è nessun miracolo a Charleoi e l’Italia torna a casa. Sulla carta non c’era nessuna speranza di vincere contro il Belgio. Va bene il 3 su 5, la Davis che azzera i valori e tutti i luoghi comuni che si dicono sulla Coppa per Nazionali più vecchia del mondo, ma quando non hai nessun top player è difficile, se non impossibile fare risultato. Il top player ce l’avevamo, ed era Fognini, grande protagonista a Miami dove aveva perso solo in semifinale, ma la sua rinuncia alla convocazione del Barazza aveva fatto precipitare fin da subito ogni velleità di vittoria. Va sottolineato che si è giocato sul cemento, cemento indoor, in cui il livello dei giocatori non è così sfasato rispetto ad una terra battuta. In Argentina ci eravamo salvati per il rotto della cuffia con il Fogna vincitore su Pella in rimonta sotto 2 set. Qui c’è poco da inventare. Il Belgio non sarà certo una grande compagine ma in questi ultimi 2 anni David Goffin ha saputo ritagliarsi un posto importante nel circuito mondiale, non sarà mai un fenomeno, ma ha fatto della costanza una delle sue armi migliori. Arriva alla Spiroudome da numero 14 del mondo, il ‘che significa 2 punti sicuri per il Belgio. Ci perdoneranno i vari Seppi, Lorenzi e Bolelli, ma nessuno di loro aveva la possibilità di ribaltare il pronostico.

Ad aprire le danze è stato Paolino che non rifiuta mai la convocazione ma si sa che il suo habitat naturale sono i Challenger, quando si parla di circuito maggiore e 3 su 5 fa fatica ad ambientarsi, quasi come fosse allergico. Eppure il primo set vinto al tiebreak aveva lasciato adito a qualche spiraglio presto sbarrato dal convicente 6-1 6-1 messo a segno da Steve Darcis nei successivi 2 parziali. Vinto poi il tiebreak del 4° potevamo dire che la sfida era conclusa, ma le partite vanno giocate. Ed ecco a voi Seppi-Goffin. Che dire? No contest. Dispiace per Andy ma ormai il suo prime l’ha passato da tempo e pur essendo il giocatore con maggiori attitudini alle superfici veloci della compagine italiana viene seppellito con un sonoro 6-4, 6-3 6-3 da Goffino. Probabilmente il punteggio è un po’ bugiardo perché i game sono stati molto lottati e i break sono arrivati con una certa fatica, ma conta poco, quello che è essenziale è il 2-0 belga dopo la prima giornata.

Dopo una batosta del genere ci si affida al doppio. Peccato che si giochi sono una sfida di doppio, con 2-3 forse ce la potevamo fare. Essenziale era portare il 3° punto a casa, per 2 motivi: uno perché altrimenti la 3a giornata sarebbe stata inutile, due perché non si può perdere contro Bemelmans e De Loore soprattutto perché la domanda sorge spontanea: ma chi sono? Ebbene sì, l’Italia si complica la vita anche nel punto più semplice da incassare. La coppia navigata Bolelli-Seppi non sfonda e dopo essere stata sopra 2 set a 1 inizia a sprofondare fino al quasi misfatto. Match point Belgio sul 6-5 del tiebreak del 5°. L’Italia si salva, però così è proprio deprimente. Non si può rischiare in questo modo. Ma, ricordando sempre che conta il risultato, si prende il 2-1 provvisorio e si spera. Ma sperare in cosa? Nessuno ha la carte in regola per battere Goffin, nessuno. Inutile sono le speculazioni sul poter puntare sul Bole. Simone non gioca da una vita e non è un giovincello, in passato ha anche battuto David, ma era un altro Bolelli e soprattutto un altro Goffin. Barazza non può far altro che seguire la ragione e mettere in campo il nostro numero 1 (e qui c’è un piccolo brivido di freddo) Lorenzi. Paolino riesce a raccimolare meno game di Andreas, ma non importa. 3-1 facile Belgio che va così in semifinale a sfidare l’Australia. Tautologico il match vinto da Giannessi contro De Loore.

La crisi del tennis femminile italiano è ormai conclamata. La crisi del tennis maschile sta cominciando ad emergere. Il problema è sostanzialmente uno: nel femminile 2 Slam li abbiamo portato a casa, nel maschile neanche l’ombra. Inutile nasconderlo, ma la nostra speranza ogni volta che gioca l’ItalDavis è quella della diserzione dei migliori della squadra avversaria per poter sperare in un pertugio e così arrivare ad alzare l’insalatiera vinta in quel maledetto 1976, ma allora avevamo Panatta, vincitore degli Internazionali e del Roland Garros, oggi non c’è nessuno che abbia le sue caratteristiche. E pensare che per motivi politici l’Italia non voleva andare in Cile e quella finale fu più uno smacco politico che un grande risultato per l’Italia, intesa come nazione. Qualcosa che oggi sarebbe impossibile, ma allora era di moda boicottare. Nel tennis è poco famosa la vittoria del Sudafrica boicottata dagli indiani perché contrari all’apartheid. Molto di più lo sono quella degli USA che non andarono a Mosca 1980 per via dell’invasione dell’Afghanistan e dell’Unione Sovietica che restituì il favore a Los Angeles 1984.

Altri campi

Tutto come previsto anche negli altri campi. Grande vittoria dell’Australia in casa contro gli USA che mettono subito il naso avanti con l’inattesa affermazione di Jordan Thompson contro il più quotato Jack Sock, protagonista sul cemento americano, ma battuto sul cemento della Pat Rafter Arena per 3 set a 1. Uno degli uomini caldi del momento è Nick Kyrgios che non sbaglia e dimostra una grande maturità vincendo contro i 2 bombardieri John Isner e SQN1. Nel mezzo ci sono 3 tiebreak vinti su 3, chissà se a Miami avesse vinto quello del terzo con Rogé. Chi lo sa? Gli americani un po’ come gli italiani si erano attaccati la doppio ma anche loro da favoriti hanno vinto solo al 5° contro Groth e Peers. Molto incoraggianti sono state le dichiarazioni di Nick a fine gara dove ha dichiarato:”Quando torno nello spogliatoio non mi sento come uno che odia più il tennis”. Bella dichiarazione per un giocatore che ha un grande potenziale e si spera possa metterlo in atto. Il circuito ha un grande bisogno di nuovi talenti, in attesa che i vecchi inizi a perdere, cioè mai.

Anche la Francia fa il compitino contro la Gran Bretagna che non schiera il numero 1 del mondo. Alla Kinderena gli strateghi transalpini mettono la terra battuta e allora non c’è speranza per Edmund ed Evans, che possono essere tutto, ma mai terraioli. I francesi lo sono per DNA, un po’ come gli italiani, per cui non è difficile per Pouille e Chardy fare man bassa dei rivali d’Oltremanica. Qui c’è un facile 3-0 istantaneo macchiato solo ma un set perso dal doppio Bennetteau-Mahut, quest’ultimo protagonista di un grande punto (perso) con recupero dagli spalti. Inglot e Jamie Murray sono anch’essi dei doppisti, nessuno lo dimentica, ma i francesi sono di un’altra categoria.

Risultato già in ghiaccio e archiviato prima dell’inizio della sfida quello tra Serbia e Spagna. Quella che un tempo era l’Armada Invencible, una squadra che avrebbe vinto con la prima, la seconda e forse la terza squadra non esiste più. Il suo ammiraglio Rafael Nadal non ci pensa neanche ad andare in trasferta in Serbia sul cemento indoor quando tra poco inizia la stagione sulla terra battuta, la sua stagione. Così Conchita Martinez è costretta a raschiare il fondo e schierare Ramos e Busta. La Serbia schiera Djokovic e allora possiamo parlare seriamente di no contest. L’attenzione in questo modo si sposta verso l’ex numero 1 del mondo alla ricerca di una dimensione ormai perduta e perduta malamente. Ottima è stata la prestazione contro Ramos. 3 set vinti nettamente e tie portato a casa già dopo la seconda giornata. Purtroppo sarebbe stato meglio giocare sul clay e contro Rafa per capire a che punto è il recupero fisico e soprattutto mentale di Nole, ma già nella sua Monte Carlo darà maggiori indicazioni su che gioco stia giocando e se è pronto a tornare, con Federer fermo ai box che lucida con dovizia di particolari i suo trofei.