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Coppa Davis 2017: Allez, conquérons le monde!

Sarà tutta francofona la finale della 106a edizione del più antico trofeo per Nazionali di ogni sport che si disputata tutt’oggi. Francia e Belgio si giocheranno l’insalatiera a casa di quest’ultimi che ritornano ad un passo dal titolo così come era successo nel 1904 e molto più recentemente nel 2015 quando furono sconfitti dalla Gran Bretagna guidata dall’highlander Andy Murray. Per la Francia si tratta invece della 18a finale della loro storia. Inutile andare a spulciare l’albo d’oro per ritrovare le vittorie dei galletti che grazie ai Quattro Moschettieri vinsero il trofeo per 6 volte consecutive. Il loro ultimo trionfo risale al 2001 quando sconfissero gli australiani nel loro tempio sacro, la Rod Laver Arena pavimentata con l’erba per l’occasione. Purtroppo però dei blues si ricordano più le sconfitte recenti che le vittorie: famosa è la disfatta di Belgrado del 2010 che lanciò in alto, anzi altissimo il già grande Novak Djokovic, e quella in casa contro la Svizzera di Federer che a Lille, nonostante il mal di schiena, fu determinante per la conquista del trofeo che mancava al suo palmarés.

Francesi e belgi hanno dovuto affrontare percorsi diversi per arrivare in finale. La Francia, come al solito, si complica la vita, eh…d’altronde sono fatti così, perché cambiare? Mentre Gasquet ricerca fiducia in se stesso andando a giocare un Challenger a Stettino e rischiando di perderlo con Andreozzi, forzando un po’ le regole che sono severissime riguardo alla partecipazione dei top player a questi tornei che non sono riservati ai top player, e ci mancherebbe, Pouille certifica lo stato disastroso della sua stagione. Dopo 3 sconfitte consecutive a Wimbledon, Washington e Canada e la clamorosa eliminazione contro il brevilineo Diego Sebastian Schwartzman (unico caso di nome più lungo del giocatore) agli US Open imbarca ancora acqua esaltando le qualità del modesto, modestissimo Dusan Lajovic. Il serbo ottiene una grande vittoria che rivaluta in toto le vittorie di Federer e Nadal rispettivamente a Wimbledon e US Open. No, non è vero. Si sa che nella Coppa Davis possono capire tante sorprese e questa è una delle tante. Nonostante lo 0-1 il capitano Yannick Noah non si è scoraggiato ed è rimasto fiducioso. E vorrei vedere. Nononstante il punto perso, sulla carta era impensabile che la Serbia potesse in qualche modo portare a casa altri 2 punti. Si dice che il doppio è deciso (uno dei tanti mantra del tennis come “3 su 5 è un altro sport”), ma qui c’è poco da decidere. Però facciamo un passo indietro. Lajovic sarà anche un paracarro però è senz’altro su un livello superiore rispetto a Laslo Dere che, come da pronostico, incassa senza complimenti il 3 a 0 da Tsonga anche lui in evidente calo in questo scorcio di stagione ma non tale da andare sottoterra. Dicevamo del doppio. Bene. Pierugo e Mahut hanno vinto Wimbledon e l’anno scorso gli US Open. Anche Zimonjic ha vinto 3 Slam in doppio ma nel cretaceo, per cui i dati attuali davano strafavoriti i transalpini che non hanno deluso le attese. Si sono complicati la vita nel terzo set, tanto per creare un po’ di pathos nella suggestiva cornice di Lille, dove lo stadio in un cui gioca la squadra di Ligue 1 è stato riadattato a campo da tennis. Spettacolo coreografico unico. Spetta a Tsonga chiudere il conto nella prima sfida della domenica che vede contrapposti i numeri 1 delle rispettive compagini. I blues però hanno tremato anche quando Dusan ha vinto il primo set, ma alla distanza è uscita la maggiore esperienza e forza del finalista degli Australian Open del 2008, uno dei tanti di cui si dice:”Bhè, se non ci fossero stati quei 3 (e mezzo), chissà”.  Inutile l’ultimo rubber che non si gioca. Pronostico rispettato. Doveva essere un 5-0 secco, è stato un 3-1 in controllo. Quello che conta è passare il turno. Felice è Noah, irriconoscibile con i capelli cortissimi e gli occhiali, ma l’età passa per tutti. Anche Ruud Gullit oggi è irriconoscibile, e non è difficile trovare delle somiglianze tra i 2, anzi sono talmente, anzi erano talmente uguali, da confonderli.

L’impresa però in questo weekend l’ha fatto il Belgio. Non era facile battere gli aussie guidati da Hewitt e soprattutto da Nick Kyrgios, ma come fecero i loro antenati a Waterloo sono riusciti ad avere la meglio anche grazie alla strategia. La prima mossa tattica vincente è stata quella di giocare sulla terra battuta, annullando così il potenziale di Nick The Beast, più cementifero che terraiolo. Fiamminghi e valloni puntavano tutto su un ritrovato Goffin che ha risposto presente ed è stato decisivo. Ma andiamo per ordine. Nella prima giornata non ci sono sorprese. Sul clay John Millman non vale minimamente Goffin, non lo vale altrove, figuriamoci sul pantano. Eppure anche qui la situazione si era ingarbugliata. Primo set vinto dall’underdog è Palais 12 che rimane con il fiato sospeso. Niente paura, il numero 1 belga rimette tutto in carreggiata e i belgi si scatenano il famoso italico “Po popoppo popopoopo“, inventato proprio a casa loro in occasione della trasferta della Roma a Bruge, dove i tifosi romanisti per prendere in giro i rivali dopo che erano stati riagganciati canticchiarono la canzone dei Seven Nation Army per sfottere gli avversari. Kyrgios non sta attraversando un momento positivo,  lo si vede contro lo squalo Darcis famoso per avere battuto Nadal a Wimbledon nel 2013. L’australopiteco va sotto 2 set a 1 prima di liberare il suo braccio fotonico e chiudere con un facile 6-1 6-2. Il punto è australiano, ma si capisce che lo squalo belga è affamato e lo dimostrerà. Inutile tentare di vincere il doppio. Se dall’altra parte c’è il numero 1 del mondo della specialità sarebbero energie buttate, così il capitano belga decide di risparmiare Goffin per la domenica così Peers e Thompson demoliscono i malcapitati Bemelmans e De Greef, che vi assicuro non sono pittori fiamminghi. Bene lasciare il punto, ma la domenica di Bruxelles si apre con la compagine guidata da Lleyton con 2 cartucce da sparare per portare a casa il tie. Il Belgio fa all in su David e ce la fa. Non è una grande partita quella tra il numero 12 del mondo e il numero 20, ma quello che conta è il risultato. 2 a 2 e si decide tutto nell’ultimo match. Il Palais 12 ribolle. Ad ogni punto esulta. E ad ogni cambio campo la musica diventa sempre più gasante. Europe, Rocky, White Stripes e Darcis che vola sulle note dei suoi tifosi e si sbarazza di Thompson in 3 set secchi. Grande festa a Bruxelles. Sarà la Francia ad ospitare la finale come nel 2014. I pronostici ad oggi sono tutti per i transalpini ma da qui alla fine della stagione potrebbe continuare la moria delle vacche che ha contaminato tutta l’ATP e a giocarsi l’insalatiera d’argento potrebbero arrivare giocatori insospettabili. Quindi, sfida non chiusa e tutta da gustare. Si pensava che questa fosse l’ultima edizione con il 3 su 5, ma così non è e tutti gli appassionati di tennis, quelli veri, quelli che non scrivono sempre:”La Davis è morta, si dovrebbe fare x o y per, bla bla bla”, sono pronti per aggiungere un tassello alla storica competizione.

Altri campi

Dagli altri campi si registra la clamorosa retrocessione dei campioni in carica dell’Argentina che, orfani di Del Potro, perdono in Kazakistan sul cemento indoor di Astana. Pella e Schwartzman non ce l’hanno fatta ad avere la meglio su 3K. Si salva la finalista del 2016, la Croazia che riesce a spuntarla sulla terra battuta colombiana. Si salva per il rotto della cuffia la Svizzera che stava per combinare la frittata contro la Bielorussia fatta di giocatori assolutamente anonimi. Va all’Olanda lo spareggio con la Repubblica Ceca. Decisivo è de Bakker che nell’ultimo rubber batte Lukas Rosol. Si salva anche la Germania che non può contare sugli Zverev, ma grande Struff a portare a casa 2 punti, uno in singolare e l’altro in doppio. Pessima figura della Russia che esalta però la prestazione dell’Ungheria che torna nel World Group a distanza di 21 anni. I Next Gen Rublev e Khachanov sono caduti sotto i colpi di Fucsovics che ha portato ai magiari 3 punti.